Onorevoli Colleghi! - Il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, contenuto nell'articolo 112 della Costituzione, pur astrattamente condivisibile, determina una serie di inevitabili e gravi conseguenze negative, che portarono l'unico altro Paese europeo che lo prevedeva oltre il nostro, la Germania, ad abolirlo a metà degli anni settanta.
      In effetti l'elevatissimo numero di notitiae criminis che giungono quotidianamente alle procure della Repubblica rende impossibile il perseguimento di ogni reato. Dietro la vigenza di questa norma finisce col celarsi quindi di fatto l'assoluta discrezionalità con cui ogni singolo pubblico ministero decide quali reati perseguire, col risultato pratico di avere un'altrettanto assoluta non uniformità nell'applicazione della legge sul territorio italiano e rilevanti difficoltà di perseguimento dei reati che per ambito territoriale superano la competenza della singola circoscrizione giudiziaria.
      La previsione in capo al Ministro della giustizia di un potere di indirizzo in materia di politica penale e l'attribuzione ad ogni procuratore della Repubblica della responsabilità di far rispettare all'interno del proprio ufficio l'indirizzo fissato, oltre a rimediare alle disfunzioni illustrate, avrebbe anche l'effetto di ricondurre al circuito della sovranità popolare-parlamentare la responsabilità politica dell'esercizio di un potere davvero importante per la sicurezza dei cittadini, sottraendola all'arbitrio del singolo pubblico ministero, che sarebbe così probabilmente tenuto anche a perseguire reati, come quelli di microcriminalità, altrimenti normalmente trascurati.

 

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